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Un nuovo ambulatorio per il dolore di origine vertebrale che “sfugge” agli esami

Un lettino con superfici percettive di gomma e un particolare stabilizzatore lombo-pelvico sono gli strumenti utilizzati nell’ambulatorio che si prende cura della cosiddetta patologia disfunzionale:
«Il problema c’è, ma gli esami non sono in grado di individuarlo – spiega il dottor Carlo Mariconda, responsabile del reparto di Recupero e rieducazione funzionale di Humanitas Gradenigo -. La riabilitazione avviene stimolando i muscoli profondi della colonna vertebrale del paziente».

 

Un ambulatorio, unico in Piemonte, dedicato alla cura di quel dolore di origine vertebrale (schiena, ma anche spalla, gomito o anca) che “sfugge” a ogni tipo di esame, ma che affligge il paziente complicandogli la vita. È attivo da poche settimane in Humanitas Gradenigo, affidato alla fisioterapista Elisa Bonato sotto la guida del dottor Carlo Mariconda, responsabile del reparto di Recupero e rieducazione funzionale dell’ospedale.

«L’ambulatorio per la cura del dolore di origine vertebrale si prende cura della cosiddetta patologia disfunzionale – spiega il dottor Mariconda -, che si verifica quando non c’è un danno organico documentabile, ma un disturbo che si traduce in una sindrome dolorosa. La struttura è sana, ma non funziona correttamente: riabilitarla significa mettere a punto una macchina che per motivi intangibili non rende come dovrebbe».

Una delle particolarità del nuovo ambulatorio di Humanitas Gradenigo è che, nelle tre sedute previste dal ciclo di cura, il paziente non ha alcun ruolo attivo e non deve perciò fare nulla: nessun movimento, ma mantenere una posizione immobile per assecondare il lavoro della fisioterapista e degli ausili utilizzati. Questi ultimi consistono in un lettino “da fachiro” con superfici percettive di gomma che invia stimoli sensitivi (cutanei, muscolari e articolari) elaborati e percepiti a livello centrale dal paziente e in uno stabilizzatore lombo-pelvico che, servendosi delle lancette di un manometro piazzato dietro la schiena, serve ad armonizzare i muscoli profondi della colonna vertebrale. «Non sono i muscoli che sentiamo con le mani – sottolinea il dottor Mariconda -, ma sono quelli che favoriscono la stabilità della colonna vertebrale. Non li controlliamo direttamente e per stimolarli abbiamo bisogno di strumenti specifici come il lettino o lo stabilizzatore».

«Nelle prime settimane di attività, l’ambulatorio ha preso in cura pazienti che erano stati ricoverati nel nostro reparto o che dovevano recuperare da un intervento di Chirurgia vertebrale – afferma Elisa Bonato, fisioterapista di Humanitas Gradenigo -: spesso pazienti giovani, tutti molto scoraggiati perché alle prese con problemi all’apparenza irrisolvibili». È un quadro che richiede tanta manualità: «Il lavoro sulla colonna vertebrale è complesso e non si riduce a un semplice esercizio – conclude ancora Elisa Bonato -: insegniamo ai pazienti a respirare con muscoli che non ricordavano più di avere e diamo loro immediata contezza di come sta procedendo la loro riabilitazione».