Un modello di cura integrata, oltre 350 volontari in 6 ospedali per supportare pazienti e caregivers, in alleanza con medici, infermieri e staff.
41 i volontari di Humanitas Gradenigo che da un anno sono diventati un punto di riferimento importante nell’ospedale.
Torino, 18 dicembre 2025 – Compie 25 anni Fondazione Insieme con Humanitas, organizzazione di volontariato che supporta pazienti e caregivers negli ospedali Humanitas di Rozzano, Milano, Castellanza, Bergamo e Torino.
Nata grazie all’impegno di Giuliana Bossi Rocca – oggi Presidente Onorario –, la Fondazione conta più di 350 volontari attivi in 6 ospedali Humanitas.
Persone che dedicano il proprio tempo ai pazienti e ai loro famigliari, portando sollievo in un momento delicato come quello della malattia. Presenti nelle diverse aree dell’ospedale – dal Pronto Soccorso alle accettazioni, dagli ambulatori ai reparti – i volontari accompagnano i pazienti nei percorsi di cura e, in un lavoro di squadra con i professionisti, contribuiscono a restituire loro la percezione di essere riconosciuti come persone e non solo come malati.
«Chi entra in ospedale si trova in un momento di fragilità e, spesso, si sente confuso – afferma Rosa Clara Manduzio, Presidente di Fondazione Insieme con Humanitas –. Essere accolti dai volontari permette di ridurre il livello di agitazione: la loro presenza e il loro accompagnamento contribuiscono a rendere la permanenza in struttura la più serena possibile. Fondazione Insieme con Humanitas è nata proprio per proteggere e migliorare la qualità di vita dei pazienti e dei loro familiari in un momento delicato come quello della malattia, in cui spesso questa qualità viene compromessa».
Una figura, quella del volontario ospedaliero, sempre più importante e che diventa strategica nell’affrontare le sfide delle nuove dinamiche sociali: invecchiamento della popolazione e solitudine.
«Ho avuto l’onore nel 2024 di essere chiamata a costituire il primo gruppo di volontari torinesi, all’interno di Humanitas Gradenigo – afferma Marisa Toso, coordinatrice dei volontari-. Ho accettato “la sfida” ed ora, ad un anno di distanza, posso dire che ‘la squadra’ composta da 41 volontari, con entusiasmo, pazienza, voglia di collaborare e desiderio di aiutare, si è ben integrata nel tessuto ospedaliero, diventando un punto di riferimento per i pazienti, i familiari e per il personale dell’ospedale. Sono molto soddisfatta dell’avventura iniziata, che sta continuando con l’elaborazione di nuovi progetti volti al continuo miglioramento dell’attività».
In occasione dei suoi 25 anni, Fondazione Insieme con Humanitas ha realizzato con Cerismas, Centro di Ricerca di Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano, la survey “Il volontario al centro: identità, crescita e sviluppo del ruolo del volontario Humanitas”, con l’obiettivo di esplorare le potenzialità e le opportunità di sviluppo del proprio modello organizzativo, oltre che l’identità e le motivazioni di chi oggi decide di dedicare parte del proprio tempo libero agli altri, in un contesto sanitario.
I risultati testimoniano che ci sarà sempre più necessità di volontari che uniscano competenze relazionali a conoscenza dei flussi di lavoro e dei processi organizzativi. Per essere davvero utile, il volontario dovrà essere sempre più esperto nella lettura della complessità sociale che si troverà davanti. Non solo disponibilità emotiva, dunque, ma competenze trasversali – anche tecnologiche – e profonda conoscenza delle dinamiche dei luoghi in cui operano.
Il profilo del volontario descrive una persona di età media compresa tra i 65 e i 70 anni, nella maggioranza dei casi donna, in pensione, mossa dalla volontà di impiegare in modo significativo il proprio tempo libero rendendosi utile; ha fatto esperienza di paziente o caregiver e vuole restituire quello che ha ricevuto. È una persona a cui piace prendersi cura degli altri, con forte predisposizione alla relazione e che ha curiosità dell’ambiente sanitario.
Prima di poter operare a contatto con i pazienti, i volontari sono formati in percorsi che includono competenze per migliorare comunicazione, ascolto e capacità di relazione, conoscenze sul funzionamento dell’ospedale e per l’accompagnamento dei pazienti e familiari nelle aree più complesse o delicate, come il Pronto Soccorso, la Terapia Intensiva o l’Oncologia, strategie per lavorare in gruppo e, ciclicamente, corsi di aggiornamento relativi all’uso di tablet e dispositivi elettronici, ormai parte dei percorsi ospedalieri.

