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Zucchero: cosa succede al corpo quando si smette di mangiarlo?

Eliminare lo zucchero è praticamente impossibile perché si trova in un gran numero di cibi processati, ma anche nella frutta e nei latticini. Lo zucchero in eccesso favorisce l’accumulo di massa grassa e il sovrappeso, l’innalzamento della glicemia e quindi anche del rischio di diabete. Ma attenzione, anche eliminarli del tutto dalla propria dieta può causare problemi seri.

Leggi l’intervista completa su GQ Italia a Vittoria Roscigno, dietista delle strutture Humanitas di Torino.

Cos’è lo zucchero?

«Gli zuccheri fanno parte della famiglia dei carboidrati, che comprendono le catene di quelli complessi (polisaccaridi) di cui fanno parte anche gli amidi, contenuti nella pasta per esempio; e i carboidrati semplici, o zuccheri appunto, (monosaccaridi, disaccaridi, oligosaccaridi), come quello che mettiamo nel caffè».

Qual è lo zucchero dannoso per l’organismo?

«In assoluto, lo zucchero non fa male, anzi ci permette di ottenere energia immediata. Il problema però riguarda gli zuccheri semplici consumati in eccesso e, in particolare, quelli che contengono solo calorie e nessun altro componente nutritivo. Si chiamano “zuccheri liberi” e sono, per esempio, quelli aggiunti ai biscotti o alle bibite. Anche gli zuccheri del latte e della frutta sono zuccheri semplici, ma non vengono considerati “liberi” perché questi alimenti contengono altre sostanze nutritive benefiche per l’organismo come il calcio, le vitamine o le fibre. Gli zuccheri liberi in eccesso fanno male perché provocano picchi glicemici, sia durante la giornata che sul lungo periodo, a cui corrisponde un’aumentata produzione di insulina da parte del pancreas: questo ormone prende lo zucchero dal sangue, lo trasporta nelle cellule e, se in eccesso e nel contesto di una dieta ipercalorica, il tutto si traduce in un accumulo di adipe».

Quanto zucchero si può mangiare al giorno?

«In Italia le linee guida consigliano di mantenere l’assunzione complessiva di zuccheri al di sotto del 15% del fabbisogno calorico totale giornaliero, percentuale che scende sotto al 10% se si considerano solo gli zuccheri liberi. Se si considerano i carboidrati in generale – sia semplici sia complessi – le linee guida suggeriscono che l’energia che ne deriva debba costituire tra il 45% e il 60% del fabbisogno calorico totale giornaliero. In ogni caso, questo 15% raccomandato per gli zuccheri si raggiunge attraverso una corretta alimentazione. Per un uomo di corporatura media che segue un regime alimentare quotidiano pari a 2.000 calorie, per esempio, si tratta di circa 75 grammi di zuccheri al giorno. Il che equivale a tre porzioni di frutta, insieme a due di latticini freschi, a cui aggiungere eventualmente un paio di cucchiaini di marmellata a colazione».

Cosa succede al corpo se eliminiamo lo zucchero dalla dieta?

«Non comporta necessariamente vantaggi significativi per la salute, a meno che non si tratti di una prescrizione medica specifica, come nel caso di terapie nutrizionali per l’epilessia farmacoresistente (che prevedono l’eliminazione completa di tutti i carboidrati dalla dieta). Comunque, chi decidesse di eliminarlo completamente, anche quello contenuto negli alimenti, dovrebbe fare attenzione a non incorrere in carenze nutrizionali, perché questo significherebbe eliminare anche la frutta e i latticini. A questo proposito, va sottolineata la differenza tra dieta iperproteica – che eccede nel fabbisogno individuale di proteine e non porta alcun beneficio – e quella chetogenica controllata, cioè una terapia nutrizionale prescritta in casi specifici o nell’ambito di percorsi per pazienti affetti da grave obesità. Perché una dieta chetogenica non controllata e non necessaria, può portare nel lungo periodo a squilibri metabolici e carenze nutrizionali. In particolare, eliminare completamente tutte le fonti alimentari di zuccheri e più in generale di carboidrati, senza compensare con una corretta integrazione, può comportare rischi come carenze di alcune vitamine, di potassio, di magnesio, di calcio e anche una aumentata demineralizzazione ossea».