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Tiroide: sale? Poco e iodato. La lezione del prof. Orlandi

Il responsabile dell’Endocrinologia e Metabolismo di Humanitas Gradenigo all’incontro dedicato alla salute della tiroide: «La carenza di iodio è la prima responsabile dei noduli».

“Come mantenere in salute la tiroide: una farfalla delicata”. Il professor Fabio Orlandi, responsabile dell’Endocrinologia e metabolismo di Humanitas Gradenigo, era tra i relatori dell’incontro organizzato dal quotidiano “La Stampa” lo scorso lunedì 13 marzo al Centro congressi dell’Unione industriale di via Vela 17, Torino.

La “farfalla delicata” è quella che ha la forma della tiroide, la ghiandola endocrina che talvolta porta con sé patologie in grado di produrre effetti importanti sul nostro organismo. Il professor Orlandi ne ha parlato in usa sala stracolma di pubblico assieme ad altri specialisti endocrinologi: il professor Ezio Ghigo, docente di Endocrinologia e direttore della Scuola di medicina dell’Università di Torino; la professoressa Emanuela Arvat, docente universitario e primario di Endocrinologia oncologica della Città della Salute di Torino; il dottor Nicola Palestini del Dipartimento di Chirurgia Città della Salute e della scienza di Torino; il dottor Paolo Limone, primario di Endocrinologia dell’Ospedale Mauriziano e la dottoressa Rita Morales, medico di Medicina Generale.

«Se abbiamo una gomma a terra, la nostra auto non si può muovere. E se la gomma è sgonfia rischiamo di avere un incidente. Allo stesso modo, anche una tiroide che non funziona a dovere può risultare pericolosa per l’organismo», ha premesso il professor Ghigo. A fare attenzione e consigliarci la giusta dose di prudenza può spesso essere il medico di base: «Siamo noi il primo punto di riferimento utile individuare eventuali problemi e suggerire la modalità per attivare le adeguate contromisure», ha confermato la dottoressa Morales.

Il professor Orlandi s’è soffermato soprattutto sui noduli della tiroide, tumefazioni liquide, solide o miste che si formano all’interno della ghiandola endocrina. «Nella maggior parte dei casi si tratta di noduli benigni che non determinano alterazioni funzionali, mentre in meno del 5 per cento dei casi si tratta di tumori maligni, curabili con l’asportazione della tiroide, associata o meno alla terapia radio metabolica e spesso trattata in fase precoce grazie alle metodiche mininvasive», ha osservato il professore.

I noduli alla tiroide sono causati in primis dalla carenza di iodio, caratteristica dell’Italia: «Lo iodio è la materia prima degli ormoni tiroidei – ha ricordato il professor Orlandi -: se risulta carente può generare la crescita di noduli, riscontrabili attraverso la semplice palpazione o bisognosi di un esame ecografico». Alla carenza di iodio si può ovviare in modo molto semplice: «Usando il sale iodato – è stata la raccomandazione finale del professor Orlandi -: contiene il necessario per far lavorare bene la nostra tiroide. “Poco sale ma iodato” è l’imperativo categorico che ci deve accompagnare nella nostra dieta quotidiana».