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Starnuti, naso che cola e occhi arrossati? Sono le allergie d’estate

Di fronte a determinati sintomi, le prove allergologiche e il vaccino possono risolvere il problema, anche nei bambini.

 

Starnuti, naso che cola e occhi arrossati: sono solo alcuni tra i più comuni sintomi delle allergie, disturbi sempre più diffusi che la WAO (World Allergy Organization) ha recentemente definito come una sorta di tsunami in azione sull’umanità: 400 milioni di persone al mondo soffrono di rinite allergica e 300 milioni hanno l’asma. Si tratta di fenomeni sempre più diffusi che in molti casi vengono però sottovalutati o affrontati in maniera inadeguata. Eseguire la corretta diagnosi e adottare la giusta terapia può invece in molti casi portare a una sensibile correzione del problema.

Le allergie estive sono soprattutto di natura respiratoria: se per molte persone il polline risulta una sostanza innocua, il sistema immunitario di altri soggetti individua erroneamente gli stessi pollini come sostanze pericolose e perciò si attiva stimolando la produzione di particolari anticorpi detti IgE. Questi ultimi agiscono su alcune cellule immunitarie, dette mastociti, provocando la liberazione di una sostanza di nome istamina che favorisce l’infiammazione.

Congiuntivite, rinite allergica, asma e orticaria sono alcune tra le manifestazioni tipiche di queste reazioni allergiche, figlie di un calendario pollinico che nella nostra zona risulta piuttosto vasto: a inverno inoltrato scatta l’impollinazione di betulle, noccioli e oleacee che disperdono i loro pollini nell’aria. Ad aprile è il turno delle graminacee: erba dei prati, grano, mais, avena, mentre un mese più tardi tocca alla parietaria, erba della famiglia delle urticacee che fiorisce fino a ottobre. A luglio le graminacee finiscono di impollinare e lasciano spazio al turno delle composite: artemisia e ambrosia in particolare.

Quando ci si accorge di soffrire la bella stagione e si sospetta un’allergia al polline è bene sottoporsi alla visita e alle relative prove allergologiche: nel giro di un solo quarto d’ora, attraverso il Prick Test, rivelano a quali pollini è allergico il paziente. Ottenuta la diagnosi si passa alla terapia, mirata alla iposensibilizzazione attraverso il vaccino. Antistaminici e cortisone non curano l’allergia, eliminano solo i sintomi facendo stare momentaneamente meglio il paziente senza però arrestare la malattia. Il vaccino blocca invece la malattia e la fa regredire fino a impedire che possa avanzare. Tre casi su quattro di rinite allergica non trattata con il vaccino evolvono in asma: e non dimentichiamo tutte le altre complicanze legate a un’allergia mal curata, a cominciare dalla poliposi nasale che spesso costringe i pazienti a più di un intervento chirurgico poiché i polipi recidivano.

Il vaccino contro le allergie non è più la pratica lunghissima e dispendiosa di qualche anno fa. Quello utilizzato nell’ambulatorio di Allergologia di Humanitas Gradenigo conta su due sole micro somministrazioni per via intradermica: e composto da un pool di allergeni microdose legati a un enzima. Tutti i componenti del vaccino vengono riconosciuti come parte di sé dal sistema immunitario che perciò interrompe, o comunque rallenta, la produzione degli IgE, gli anticorpi che producono la reazione allergica. Nel vaccino figurano tutti gli allergeni respiratori che più di frequente provocano reazioni allergiche: Vuol dire che anche i pazienti positivi a ben più di un allergene possono adesso essere curati in una volta sola, risparmiando tempo e ottenendo un risultato più efficace.

Quando sottoporsi al vaccino contro le allergie? Dipende dal tipo di allergia ma l’ideale è effettuare la prima somministrazione con un mese d’anticipo sulla comparsa dei sintomi: chi è allergico alle betulle può farlo a gennaio e chi alle graminacee in marzo, chi ha un’allergia pluristagionale come quella legata ad acari e polveri può invece vaccinarsi in qualsiasi momento dell’anno. Ed è sempre meglio farlo prima che i sintomi esplodano: la resa terapeutica è maggiore se viene eseguito prima, anche e soprattutto sui bambini, vaccinabili dai 3 anni in su e di norma i più pronti a rispondere con efficacia alla terapia.