COME TI POSSIAMO AIUTARE?

Prenotazioni
011.1910.1010
Centralino
011.1910.1001

Oncologia, aumentano i pazienti cronici

In Italia sono oltre tre milioni: in attesa di guarire definitivamente dal tumore sono comunque seguiti dall’oncologo. «Una situazione che genera un forte impatto anche in ambito sociale», spiega il dottor Alessandro Comandone, responsabile dell’Oncologia di Humanitas Gradenigo.

«Dopo quelle cardiovascolari e neurologiche, la cronicizzazione della malattia riguarda oggi anche alcune patologie oncologiche: i pazienti sopravvivono più a lungo in presenza della malattia, ma hanno bisogno di cure, assistenza e visite continue. In altre parole, conservano un’esigenza molto forte di contatto diretto con l’oncologo». Il dottor Alessandro Comandone, responsabile dell’Oncologia di Humanitas Gradenigo, introduce con queste parole un argomento sul quale la comunità scientifica e sanitaria sta riflettendo con grande attenzione, come è anche avvenuto lunedì 12 marzo al “Campus Einaudi” di Torino nell’ambito della presentazione del “Piano della cronicità della Regione Piemonte”.

«Si tratta di un fenomeno in costante crescita – prosegue il dottor Comandone -. In Italia sono circa tre milioni e 200mila i pazienti per i quali esiste un processo di cronicità, un numero destinato a diventare sempre più elevato». Secondo una classificazione ideata negli Stati Uniti, i pazienti cosiddetti “lungo-sopravviventi” possono essere suddivisi in tre distinte fasce: gli acuti, cioè quelli che hanno avuto una diagnosi di tumore non più di due anni fa e sono perciò ancora a rischio di ricaduta; i consolidati, vale a dire che quelli che la diagnosi l’hanno ricevuta oltre cinque anni fa e di conseguenza hanno con sé una possibilità di guarigione superiore a quella di una ricaduta; i guariti, quelli che sono invece definitivamente usciti dalla malattia tumorale. «Prima di essere guariti – precisa il dottor Comandone -, i pazienti devono essere prima acuti e poi consolidati, due fasi caratterizzate da continua assistenza che, tra le altre cose, si traduce anche in almeno una visita oncologica ogni quattro mesi». Un numero che va moltiplicato per quello dei pazienti e che dà quindi un totale pari ad alcuni milioni di visite.

«Se fino a ieri ci si era legittimamente preoccupati della sostenibilità economica del problema – prosegue il dottor Comandone -, oggi si è aggiunta la parte relativa alla modalità di gestione del paziente oncologico cronico. C’è chi sostiene che andrebbe seguito per tutta la vita e chi invece pensa che dopo cinque anni potrebbe essere affidato al medico di base e non più all’oncologo, con il primo chiamato a segnalare al secondo le eventuali situazioni di criticità». Un’ipotesi che ha acceso un dibattito ancora in atto all’interno della comunità medico-scientifica.

«Ma questa situazione genera un impatto importante anche da un punto di vista sociale – aggiunge il dottor Comandone – perché porta con sé l’esigenza di reintegrare la persona ammalata di tumore all’interno del tessuto sociale: le lunghe assenze possono, ad esempio, portare alla perdita del posto di lavoro, dopodiché rientrare risulta tutt’altro che semplice. Non c’è solo il paziente anziano, ma anche l’oncologico di 35-40 anni».

Una recente pubblicazione di Aiom (Associazione italiana di oncologia medica) e Airtum (Associazione italiana dei registri dei tumori) ha messo insieme tutti i numeri relativi ai tumori registrati in Italia nel corso del 2017. In Piemonte il totale complessivo è stato di 30.900 tumori (16.200 uomini e 14.700 donne), i più diffusi sono stati quelli a colon-retto (4.350), mammella (4.200), polmone (3.500) e prostata (2.900). «Proprio mammella, colon-retto e prostata sono i tumori che cronicizzano di più – riflette il dottor Comandone -, anche se cominciano a vedersi cambiamenti interessanti anche in quello del polmone che fino a poco tempo fa non lasciava scampo». Sono notoriamente cronici infine molti dei pazienti colpiti da malattie onco-ematologiche come linfomi o leucemie. «Si tratta di un tema davvero importante con il quale ci misureremo intensamente nei prossimi anni – conclude il dottor Alessandro Comandone -. Se al momento non ci sono sensibili prospettive di crescita nel numero dei guariti, c’è quella concreta di aumentare il numero dei cronicizzati. Una sopravvivenza prolungata che non è scevra di sofferenza e che impegnerà i medici e la società a farsene carico nel modo più appropriato e sostenibile».