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Iposmia: cos’è, quali sono le cause e come viene trattata

«È importante non sottovalutare il problema, perché una compromissione olfattiva può incidere pesantemente sulla qualità della vita. Se vengono meno gli odori, manca la correlazione fra quello che mangiamo e il ricordo di quel particolare cibo, per cui non ne riconosciamo più il sapore» sottolinea il dottor Luca Raimondo, responsabile di Otorinolaringoiatria e dell’Ambulatorio del gusto e dell’olfatto di Humanitas Gradenigo.

L’iposmia, ovvero la perdita parziale dell’olfatto, è diventata famosa in epoca di pandemia perché frequente tra chi ha contratto l’infezione da Covid-19. In realtà, questo particolare disturbo può dipendere da molteplici fattori: «È importante non sottovalutare il problema, perché una compromissione olfattiva può incidere pesantemente sulla qualità della vita», spiega il dottor Luca Raimondo, responsabile di Otorinolaringoiatria e dell’Ambulatorio del gusto e dell’olfatto di Humanitas Gradenigo.

Cos’è l’iposmia?

L’iposmia, ovvero l’abbassamento della capacità olfattoria, non va confusa con altre condizioni, come: disosmia (distorsione della capacità olfattoria) e anosmia (grave compromissione dell’olfatto, vicina al suo totale annullamento). «L’iposmia può arrecare anche danni economici se colpisce persone che su questo senso basano la loro professione, come cuochi o sommelier», commenta il dottor Raimondo. Talvolta, l’iposmia può compromettere anche il gusto, impedendo la corretta percezione dei sapori: «Mentre le papille gustative presenti sulla lingua identificano il gusto, i nervi nel naso riconoscono l’odore. A quel punto, entrambe le sensazioni vengono comunicate al cervello, che integra le diverse informazioni in modo che i sapori possano essere riconosciuti e apprezzati. Se vengono meno gli odori, ecco che manca la correlazione fra quello che mangiamo e il ricordo di quel particolare cibo, per cui non ne riconosciamo più il sapore» sottolinea il dottor Raimondo.

Quali sono le cause dell’iposmia?

Se partiamo dalle strutture più periferiche, ovvero dall’epitelio olfattivo (il tessuto che riveste la cavità nasale dove sono presenti i recettori capaci di percepire gli stimoli odorosi), a causare iposmia possono essere tutte quelle patologie del distretto nasale e dei seni paranasali che riducono la quantità di aria in ingresso e possono, quindi, determinare una riduzione della capacità olfattiva. «Gli esempi più comuni sono la poliposi nasale o la sinusite cronica non polipoide, a cui si aggiungono le malattie virali fra cui rientrano il comune raffreddore o il Covid-19, che coinvolgono direttamente l’epitelio olfattivo». Salendo, troviamo i filuzzi olfattivi, piccoli filamenti che collegano l’epitelio olfattorio al bulbo: «Questi possono risentire di eventuali traumi cranici, anche lievi, perché durante urti o cadute possono “stirarsi” o addirittura rompersi» precisa il dottor Raimondo. Ancora più in alto, troviamo il bulbo olfattivo e il nervo olfattivo, due strutture fondamentali nella percezione delle informazioni sensoriali provenienti dall’esterno: «A disturbarle possono essere patologie neurodegenerative, come la sclerosi multipla o la malattia di Parkinson, oppure tumori del sistema nervoso centrale e malattie genetiche, come la sindrome di Kallmann, caratterizzata proprio dalla mancata formazione dei bulbi olfattivi cerebrali, oltre che da ipogonadismo».

Quanto dura l’iposmia?

La durata dell’iposmia, con l’eventuale possibilità di una regressione spontanea, non è prevedibile ma dipende sempre dal singolo caso. «In genere, se la causa sottostante è un virus, tutto varia in base all’entità del danno e al tempo che lasciamo passare prima di cercare una soluzione», commenta il dottor Raimondo. «Quando invece alla base c’è una patologia neurodegenerativa, recuperare l’olfatto diventa molto complesso, perché è presente il danno organico di una struttura centrale. Se poi ci sono stati un trauma cranico oppure un ictus emorragico, la presa in cura del paziente deve essere a 360 gradi». In generale, è importante rivolgersi a un otorinolaringoiatra oppure a una struttura specializzata in alterazioni del gusto e dell’olfatto quando l’iposmia – magari successiva a una malattia virale – persiste per oltre 15-20 giorni.

Come si tratta l’iposmia?

Se il paziente si rivolge ad uno specialista in tempi rapidi, spesso è sufficiente una terapia farmacologica – prescritta “su misura” – associata ad alcuni integratori alimentari finalizzati a migliorare la funzionalità dei nervi. «Qualora l’approccio non porti a risultati soddisfacenti nell’arco di un mese, è fondamentale quantificare la perdita sensoriale attraverso alcuni esami specifici, come l’olfattometria, il test dei potenziali evocati olfattivi e una Risonanza Magnetica senza mezzo di contrasto», elenca il dottor Raimondo. Con questi dati alla mano, si può intraprendere una riabilitazione domiciliare, che consiste nell’annusare quattro diversi oli essenziali in sequenza, concentrandosi su ogni odore per circa un minuto prima di passare a quello successivo. A questo vengono abbinati esercizi specifici di mindfulness, che hanno l’obiettivo di risvegliare i ricordi emozionali legati a determinati odori. «Questa riabilitazione va fatta mattina e sera per dodici settimane consecutive. Al termine, viene poi ripetuta un’olfattometria per valutare il miglioramento e, in base ai risultati, lo specialista stabilisce se prescrivere un secondo ciclo oppure no». Se i risultati tardano ancora ad arrivare, di solito viene proposta una pausa di sei mesi, in cui il paziente deve continuare solo con gli esercizi di mindfulness, stavolta allargati a tutti gli stimoli esterni che lo raggiungono: «È come se obbligassimo il nostro cervello a riassociare gli stimoli che non percepisce più oppure che percepisce in maniera distorta ai vari ricordi olfattivi che ne conserviamo, anche se in maniera incosciente».

Cosa fare se non “passa”

Ci sono casi, per fortuna sporadici, in cui l’iposmia può diventare permanente. A quel punto, è fondamentale tornare alla vita quotidiana con qualche aggiustamento per mettersi in condizioni di sicurezza a casa e sul luogo di lavoro, per esempio installando dei rilevatori di gas, prestando maggiore attenzione al momento della preparazione dei pasti oppure evitando mansioni che necessitano di una particolare acuità olfattiva. «Sporadicamente, ci sono casi di iposmia selettiva, nel senso che alcuni pazienti recuperano l’olfatto eccetto per alcuni profumi oppure odori specifici. Il motivo non è noto, ma di certo risiede nella complessità del nostro cervello», conclude il dottor Raimondo.

Clicca qui per leggere l’articolo completo pubblicato sulla rivista Starbene.