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Dolore acuto e cronico si affrontano con la terapia antalgica

Il servizio di Terapia antalgica dell’Ospedale Humanitas Gradenigo utilizza tecniche efficaci per fronteggiare la lombosciatalgia acuta e la nevralgia del trigemino nonché per farsi carico dei fenomeni degenerativi artrosici che generano il mal di schiena.

 

Il paziente tipo del servizio di Terapia antalgica è affetto da dolore acuto di tipo neuropatico o da dolore cronico che può essere o meno di natura neuropatica.

Come viene trattato il paziente alle prese con un dolore acuto?

Viene utilizzata una terapia interventistica mininvasiva, secondo un percorso di livelli di mininvasività che possono essere più o meno complessi. In genere, il paziente si sottopone alla procedura sveglio e in anestesia locale, al massimo ha un minimo sedazione e, di norma, esce dall’ospedale nel giro di una o due ore.

Quali sono le principali aree di intervento del servizio di Terapia antalgica?

Le principali aree di intervento della Terapia antalgica sono la lombosciatalgia acuta e la nevralgia del trigemino. Nel primo caso si ricorre al trattamento peridurale quando è fallito l’approccio conservativo puro, fatto di riposo e farmaci antinfiammatori: prima di farsi vedere dal chirurgo è opportuno ricorrere a un trattamento che in 6/7 casi su 10 scongiura l’ipotesi chirurgica. Non tutti i pazienti possono però beneficiare della peridurale: il trattamento è sconsigliato in presenza di una compromissione neurologica con conclamata perdita della forza muscolare oppure in presenza di sospetta neoplasia, infezione o forte trauma. In questi casi è necessario rivolgersi al chirurgo perché la situazione è potenzialmente evolutiva e più pericolosa per il paziente. Per quanto riguarda invece la nevralgia del trigemino, si tratta spesso di pazienti già trattati con più farmaci dal neurologo. Il compito dei nostri specialisti consiste nell’impostazione del trattamento farmacologico, si tratta in ogni caso di una patologia difficile della quale a oggi non è sempre identificabile una causa che può essere eliminata.

Parlando di dolore cronico si arriva immediatamente al mal di schiena?

Assolutamente sì. Il “low back pain” è il male del secolo, dovuto principalmente al nostro stile di vita tendenzialmente sedentario e al fatto che l’uomo era nato per stare a quattro zampe e la sua schiena doveva scaricare il peso su quattro arti e non su due. Con il passare del tempo, per via della scarsa attività fisica e dell’usura, la nostra colonna vertebrale va così incontro a fenomeni degenerativi artrosici capaci di generare il classico mal di schiena che non passa mai.

Come viene trattato il paziente che ne soffre?

I pazienti ci vengono inviati dallo specialista (chirurgo vertebrale, fisiatra od ortopedico) o dal medico di famiglia che ha trattato il mal di schiena per mesi senza aver ottenuto alcun beneficio. A quel punto, visitando il paziente, valutando gli esami già eseguiti e prescrivendone di nuovi se necessario, si cerca di giungere a una diagnosi del mal di schiena e di indirizzarlo verso una terapia più adeguata che può essere quella fisiatrica se, ad esempio, il paziente è giovane e non ha mai fatto una visita specialistica. Se invece il paziente non ha tratto beneficio dai farmaci, si cerca di capire se è da inviare al chirurgo vertebrale oppure se è candidabile a un intervento mininvasivo sulla colonna vertebrale.

Quali sono gli interventi mininvasivi in grado di risolvere il mal di schiena?

Nella sua parte posteriore, la colonna vertebrale presenta alcune piccole articolazioni che somigliano un po’ alle dita di una mano e che ci permettono di inclinarci, ruotare, flettere e distendere. Sono le faccette articolari vertebrali, spesso sede di artrosi come accade ad esempio al ginocchio. Si può iniettare il cortisone per spegnere l’attacco di artrosi acuta alla colonna vertebrale o, come seconda azione, si può valutare di effettuare la denervazione in radiofrequenza. In quest’ultimo caso vengono trattati i nervi sensitivi che portano il dolore alle strutture artrosiche: in casi selezionati si può togliere la nervazione garantendo un intervallo privo di dolore lungo anche un anno, utile al paziente per avviarsi a un percorso di riabilitazione utile a rinforzare muscoli dell’addome e della colonna vertebrale. In questo modo il peso non graverà tutto sulle articolazioni posteriori e sui dischi vertebrali che possono dare vita a ernie e sciatica. Potenziando determinati gruppi muscolari è possibile prevenire le recidive.